Un’analisi approfondita sul valore del data center e su come adeguarne l’infrastruttura garantendo livelli di resilienza che soddisfino gli standard costruttivi più elevati.
A cura di Kristian Montevecchi, Tech Expert VEM Sistemi
Il data center ha vissuto grandi transizioni grazie alla continua e costante evoluzione delle tecnologie ICT. Questo progresso ha introdotto necessità e complessità completamente diverse rispetto al passato: oggi ricopre un ruolo di vitale importanza per il business aziendale ed esige una continuità operativa 24h x 365 gg l’anno.
Data center ormai non più moderni spesso presentano problematiche di sovradimensionamento o di sottodimensionamento che comportano inefficienze energetiche, limiti di affidabilità e difficoltà di gestione. Progettarne la loro ristrutturazione e adeguamento si scontra però con la necessità di mantenere sempre attivi i servizi erogati, senza fermi o impatti sulla produttività.
Operare miglioramenti in ambito infrastrutturale su un sito esistente può richiedere interventi estremamente invasivi soprattutto se fra gli obiettivi da perseguire è richiesto il raggiungimento di un livello di resilienza che soddisfi gli standard costruttivi più elevati.
Il valore del data center, infatti, non è determinato dalla potenza o dalle sue dimensioni, ma dalle conseguenze che un eventuale down-time avrebbe sul business. Per valutarne ridondanza, affidabilità e disponibilità, viene spesso utilizzata la classificazione a livelli creata dall’Uptime Institute, chiamata Tier Classification System. Tale sistema prevede 4 livelli, dal Tier 1 al Tier 4, dove quest’ultimo rappresenta il livello più alto di affidabilità.
Quali sono i quattro tier del data center?
Tier 1 – Basic Site Infrastructure: prevede una disponibilità del data center del 99,671%. È costituito da un’infrastruttura di base, senza sistemi di ridondanza o backup. La manutenzione, la riconfigurazione o il guasto di uno degli elementi dell’infrastruttura comporta l’interruzione dei servizi.
Tier 2 – Redundant Components: prevede una disponibilità del data center del 99,741%. A renderlo più affidabile rispetto al Tier 1 è la ridondanza delle sole apparecchiature critiche, come i gruppi di continuità energetica (UPS), i generatori di emergenza e i sistemi di raffreddamento. Ciò significa che il Tier 2 ha meno vulnerabilità rispetto al Tier 1, in caso di manutenzione o guasto di uno degli elementi ridondati non ci sono ripercussioni sui servizi che sono meno soggetti ad interruzioni. Tuttavia, non prevede la possibilità di eseguire operazioni di riconfigurazione, manutenzioni ordinarie/straordinarie sull’infrastruttura di distribuzione senza interruzione del servizio.
Tier 3 – Concurrently Maintainable: prevede una disponibilità del data center del 99,982%. Si distingue per la presenza di un percorso attivo e un percorso passivo, entrambi in grado di distribuire il carico e garantire il backup delle apparecchiature critiche. Sono richieste doppie fonti di alimentazione, doppia connettività ai provider di servizi di rete e la possibilità di supportare l’hardware del server con una ridondanza N+1 sul ramo attivo. Durante le operazioni di manutenzione che richiedono la messa fuori servizio del ramo principale, il ramo passivo viene attivato temporaneamente per garantire la continuità operativa. Il guasto di uno degli elementi dell’infrastruttura che compongono il ramo attivo potrebbe causare il down-time del data center.
Tier 4 – Fault-tolerant: prevede una disponibilità del data center del 99,995%. Richiede un sistema completamente ridondante, il che significa che ogni componente dell’infrastruttura è duplicato, garantendo che il servizio rimanga sempre disponibile anche in caso di fault di qualsiasi elemento. Il Tier 4 richiede un’architettura di sistema altamente complessa ma garantisce la massima affidabilità data la presenza di 2 percorsi attivi, ciascuno con la capacità di gestire l’intero carico di lavoro, garantendo una maggiore ridondanza e tolleranza ai guasti. Sono richieste doppie fonti di alimentazione, doppia connettività ai provider di servizi di rete e la possibilità di supportare l’hardware del server con una ridondanza 2N.
Come adeguare l’infrastruttura di un data center esistente?
Una soluzione sostenibile, in questi casi, è l’esecuzione di analisi sul sito per studiare procedure di ristrutturazione e/o adeguamento che permettano di operare “live” sull’infrastruttura. Si tratta di progetti che hanno come vincolo principale quello di eliminare o minimizzare gli impatti sulla continuità di servizio del data center.
Questa modalità di approccio, in presenza di apparecchiature bi-alimentate, consente di intervenire su tutti gli elementi attivi che costituiscono la sezione elettrica e meccanica dell’infrastruttura con la possibilità di cambiare configurazione topologica dell’architettura. Di contro, nell’eventualità in cui tra le esigenze espresse nel processo di ristrutturazione sia richiesto l’ottenimento di una certificazione costruttiva Tier che ne garantisca la qualità, ci si orienterebbe sul conseguimento del livello 3, dato che i rigorosi requisiti strutturali richiesti dal livello 4 sono dei limiti difficilmente superabili.
Infatti, le principali condizioni che devono essere rispettate per un Data Center Tier 4 riguardano:
- le compartimentazioni, dove gli elementi e i percorsi di distribuzione che compongono l’infrastruttura di supporto devono essere fisicamente isolati l’uno dall’altro in modo da prevenire che un singolo evento impatti su entrambi i sistemi.
- la configurazione topologica dell’architettura che, sebbene sia possibile modificare, nello scenario della certificazione di livello 4 richiede alcuni elementi aggiuntivi che coinvolgono il layout fisico degli ambienti del data center, e in alcuni casi anche la struttura edile dell’edificio
- la presenza di sistemi all’interno dell’infrastruttura che rilevano ed isolano autonomamente eventuali guasti, mentre gli eventi relativi (perdite di liquido, incendi, ecc.) devono essere contenuti e confinati nella zona in cui si sono generati.
È quindi alquanto improbabile (se non impossibile) soddisfare questi criteri aggiuntivi nell’eventualità di ristrutturazioni in modalità “live”, perché richiederebbero opere estremamente onerose e di elevata invasività. L’alternativa per il conseguimento di una certificazione costruttiva comporterebbe il declassamento a Tier 3 che significherebbe passare da una configurazione fault-tolerant ad una configurazione Concurrently Maintainable.
Detto ciò, è importante notare che lo standard non prevede alcun frazionamento dei livelli (ad esempio, Tier 3.5 o Tier Plus). Anche il raggiungimento del livello 3 potrebbe non essere sufficiente, poiché garantisce solo la possibilità di mantenere il data center attivo durante le manutenzioni ordinarie e straordinarie, ma non in caso di guasti elettrici o meccanici, a differenza del livello 4.
In questo contesto, la soluzione ideale potrebbe essere l’adozione di un sistema ibrido noto come Multi-Tier.
Questa configurazione mista si basa principalmente sugli standard 3 e 4, ed è fortemente personalizzata per adattarsi a data center esistenti, dove è necessario distinguere le parti infrastrutturali critiche da quelle meno critiche, stabilire le priorità e il livello di adeguamento.
Per realizzare un sistema Multi-Tier, è indispensabile condurre un’analisi approfondita della situazione esistente per valutare lo stato attuale della struttura, l’affidabilità e le vulnerabilità del data center, nonché la topologia degli impianti, dei percorsi, la loro interazione, ecc.
In base a queste informazioni, sarà possibile progettare infrastrutture ibride che adottano soluzioni specifiche in base alla criticità delle parti del data center che soddisfano i diversi livelli di standard Tier. Tali infrastrutture saranno dotate di procedure dedicate per le modifiche dei sistemi esistenti e per le nuove implementazioni, volte a ridurre o eliminare le interruzioni sulla continuità di servizio durante le operazioni di adeguamento.